venerdì 31 maggio 2013

Dialogo con un amico professore di filosofia

Massimo

Ho un cattivo carattere, lo so, perché non sono accomodante. Non lo sono mai stato, ma ora lo sono ancora di meno, perché su questioni intellettuali essere accomodanti significa scendere a compromessi, e quando si difende la verità il termine compromesso è la chiave che apre la porta alla menzogna.

Aligi

Assolutamente d'accordo, purchè la difesa della verità non si confonda con l'illusione di possederla tutta. La difesa della verità non ammette compromessi, ma è strettamente legata al dialogo, allo scambio di punti di vista. Solo confrontando punti di vista diversi è possibile liberarsi dagli errori, e creare nuovi punti di vista, che possono essere più vicini alla verità dei precedenti.

Massimo

La verità unica non è un punto di vista, non lo è perché è centrale e generatrice della circonferenza, la quale è composta dai punti che cambiano la visuale per la diversità dell'angolazione dalla quale si considera una verità, sia quando quella visuale è rivolta al centro, che quando lo è verso gli altri punti osservati. La verità è una prima di essere molte, ma per quanto riguarda le molte verità hai ragione. Eppure c'è un modo del conoscere che non è discorsivo né consequenziale, perché è diretto e non mediato dalla mente. È il conoscere proprio all'Intelligenza universale che vede nella Certezza priva del dubbio. La Certezza, dice un detto Sufi, è come l'infinità del Mistero la quale non può esaurirlo. Non è un conoscere tutto, ma è il conoscere i princìpi universali emanati dal Mistero i quali ordinano, modulandola, la manifestazione della realtà. Sono princìpi fissi, ma evidentemente non assoluti perché l'Assoluto è unico. Sono fissi nei confronti della realtà che ordinano. Il principio del movimento, lo sai benissimo, quello che impone al cosmo il doversi muovere di ogni suo componente, non potrebbe muoversi a propria volta senza fermare la vita, dunque è sì immobile e centrale alla vita, ma la sua funzione è legata all'esistenza e nell'istante questa cessasse, cesserebbe anche la sua funzione e il principio con essa. Essendo molteplici i princìpi, che sono detti universali perché applicabili all'intero universo, sono al minor grado possibile di relatività nei confronti del principio primo, ed è una gradazione stabilita dalla prossimità che ognuno di essi ha al centro generatore. La distanza cambia al variare delle caratteristiche di ognuno di essi, così il principio della qualità è più vicino al centro di quanto non lo sia quello della quantità, che è suo strumento. La conoscenza dei princìpi e della gerarchia nella quale sono ordinati tra loro non rientra nelle concessioni date dallo studio, e neppure dell'esperienza conoscitiva e personale di vita, ma è trasmessa dall'Assoluto, per il tramite di un maestro spirituale, attraverso l'influenza spirituale che necessita, per essere attivata, di qualificazioni personali delle quali non è qui luogo per descriverne le caratteristiche. Monaci equilibrati trascorrono la vita inutilmente alla ricerca di questa iniziazione, mentre altri individui di poco conto se la sono vista cascare addosso senza mai averne sentito parlare prima. Nel suo essere una terrificante e meravigliosa esperienza l'iniziazione è solo l'inizio di una rigenerazione, spirituale e anche psichica, che ha necessità di una morte alla vecchia esistenza. Credo tu debba averne sentito parlare molte volte, perché è impossibile che tu non sappia dei misteri Eleusini. L'acido lisergico, in un certo senso, ricorda da lontano ciò che accade nell'apertura dello sguardo universale interiore, solo che l'acido mostra legami che non possono essere pienamente compresi nella loro essenza da chi esercita la coscienza individuale al posto della consapevolezza universale. Credo di averti già detto di aver fatto più di un migliaio di trip, e di conoscere l'acido come pochi, avendo vissuto venti anni in sua compagnia, ma quello di cui sto parlando è ciò del quale l'acido vorrebbe dire senza poterne dire.

Aligi

Concordo che la verità non è un punto di vista e che è una, ma la verità non sono io, e nemmeno alcun essere finito. Io continuo ad essere socratico: la verità è solo del dio. All'uomo resta l'amore per la verità, cioè la filosofia. Tudici che c'è un modo di conoscere che non è discorsivo nè consequenziale, ed è proprio dell'Intelligenza universale. E' plausibile, come è plausibile che certi stati mentali, compreso quello suscitato dalla LSD nei momenti migliori ci porti a condividere per qualche momento l'intelligenza universale ed il suo moodo di conoscere. Ma proprio perchè questo modo di conoscere non è discorsivo nè consequenziale sta al di là del linguaggio: fa parte di ciò di cui, secondo Wittgenstein, non si può parlare. Nel suo linguaggio è ciò che si mostra: è il mistico. Certo che ho sentito parlare dei misteri Eleusini: e so anhe che Hoffman, d'accordo con Kereny, ha ipotizzato che la bevanda che veniva fatta bere prima dell'iniziazione ai misteri fosse a base di segala cornuta, e dunque contenesse o dietilammide dell'acido lisergico, o derivati dell'acido lisergico affini. Ma i misteri erano appunto misteri. Quando si torna dall'esperienza di contatto con l'Intelligenza universale si torna anche a forme di pensiero discorsive e consequenziali, e dunque non resta nulla di meglio che dialogare usando quelle forme di pensiero come stiamo facendo noi due, sperando che il diialogo ci aiuti ad avvicinarci a quelle certezza che abbiamo intuito in un altro stato di coscienza, accontentandoci di dire il dicibile.
P.S. Credo anche che quando ci accontentiamo di dire il dicibile per comunicare con altri non possiamo più pretendere la certezza, ma dobbiamo limitarci a fornire una visione che aspira onestamente ad avvicinarsi alla verità, ma che è aperta alla possibile confutazione da parte dell'altro e dunque alla possibilità di correzione.

Massimo


La visione immediata e diretta dei princìpi universali non è descrivibile né, quindi, si può tentare di farlo girandoci attorno. D'altronde non lo è nemmeno la fonte dalla quale ognuno di noi estrae le idee informali, per dar loro una forma attraverso il pensiero. La cosa si complica ulteriormente perché queste idee hanno qualità diverse in dipendenza della qualità di chi le ha. Il centro interiore dal quale esse nascono è chiamato, in metafisica, "sé", ed è analogo al Sé spirituale, Atma per le scritture vediche, identico per ognuno perché è unico per tutti, essendo la matrice spirituale che pervade tutta la manifestazione della realtà relativa la quale gira, per così dire, vorticandogli attorno. La ragione per la quale ciò che si estrae dal centro di sé ha qualità commisurate all'individuo che ha l'idea, assimilabile in tutti i suoi gradi a ciò che chiamiamo ispirazione, deriva dalle differenze di maturità interiore dell'individuo che comunica col centro di sé. Questo processo coinvolge sia coloro che non hanno un canale di comunicazione consapevole col sé, dunque la stragrande maggioranza delle persone, che quei rari individui i quali, invece, per volere del Mistero assoluto, e attraverso il loro essere stati iniziati da un maestro vero, appartenente a una catena ininterrotta che risale e nasce al di là della durata temporale, stavo dicendo, prima di perdermi, che questi individui hanno un accesso al centro di sé che è consapevole. È da questo accesso che costoro "vedono" i princìpi ma non solo, vedono la realtà su di un piano diverso, analogo al piano intellettuale sul quale ci si viene a trovare quando si è in acido, ma con molte differenze, perché in trip si è in uno stato passivo di osservazione, e benché si sia anche attivi nel formulare considerazioni, queste risentiranno dei limiti dati dal non essere consapevoli attraverso la propria maturità interiore. La conseguenza ingenera il più delle volte uno stato sì di meraviglia, ma confuso e incapace di individuare il bandolo dell'intricata matassa che i significati da estrarre... si potrebbe dire... abbindolano (neologismo inventato ora che mischia la fregatura con l'intrico). La claviceps purpurea che cresce sullo sclerozio della segale, che per queste protuberanze è detta cornuta, contengono anche principi attivi pericolosi, come l'ergotamina e l'ergotina che sono alcaloidi velenosi che nel processo chimico di depurazione sono mediati. È possibile che nell'antichità ci possano essere stati sistemi per elidere queste sostanze in modo da renderle innocue, ma in ogni modo il soma è una bevanda simbolica, che anche fosse stata allucinogena non avrebbe potuto aggiungere nulla alla maturità di chi l'avesse bevuta. I misteri eleusini erano gli stessi di ogni altro ramo appartenente alla tradizione metafisica che è universale; i piccoli misteri erano riferiti al compimento di tutte le possibilità implicite all'essere umani, mentre i grandi misteri riguardavano l'andare oltre alle limitazioni date dalla natura umana, al fine di entrare consapevolmente nella sfera dello spirito che necessita di uno stato che sia sovra-individuale. Dalla prima illuminazione conseguente all'iniziazione, quando questa da virtuale al suo inizio diviene in seguito effettiva, resta una lunga via da percorrere, e profondità ed elevazione del vedere interiore dipendono dal rigore col quale la persona applica al proprio vivere le conseguenze della verità vista. Tanto più sarà il rigore verso la verità che si conosce, perfettamente perché in modo assoluto, e maggiore sarà l'avanzare della consapevolezza spirituale. Verrà da chiedersi, leggendo quanto ho scritto, come sia possibile che un essere relativo e limitato possa aver accesso alla Certezza assoluta. Infatti questo non sarebbe possibile se l'uomo non partecipasse, in qualche modo, all'assolutezza dell'Assoluto. Il centro di sé di un individuo umano, jivatma per le scritture vediche, è questa comunione dell'uomo col Sé unico che è, propriamente, il Mistero assoluto. Si può dire che il grado di approssimazione dell'io superficiale al proprio sé universale (proprio è solo un modo di dire perché non si può essere proprietari di ciò al quale si appartiene) dà, come conseguenza, la possibilità di comunicare consapevolmente con la fonte centrale di ogni ispirazione. In trip si ha una comunicazione col centro universale, ed essa è cosciente, ma non consapevole. Per questo sarebbe un errore credere che il soma possa aggiungere qualità alle qualità già possedute. Se fosse utile, non è che io non ci abbia pensato, potrei scriverci sopra un libro per l'esagerata esperienza con gli acidi che ho avuto, trapuntata dalla poca esperienza che ho nella comunicazione consapevole col mio centro, ma ritengo non sia utile il farlo. Queste cose ora le ho dette a te perché so che potrebbero esserti utili, ma solo se tu riuscissi a mettere dietro la schiena i preconcetti avuti in eredità dai tuoi lunghi studi. Dubitando che sia possibile tu possa riuscirci, figurati cosa posso pensare sulle possibilità di comprensione che avrebbero altri eventuali individui che avessero la sventura di leggere quello che scrivo. ;) Resta di dire che la verità si difende da sé, nel suo non essere comunicabile, ma questo non significa che non si possa dire, per esempio, quello che ho detto, perché qualsiasi cosa si dica la verità resterà sempre inaccessibile, e per quanta abilità discorsiva si possa disporre quella Verità è l'Assoluto stesso. Tutti quanti traduciamo l'idea informale in pensieri, senza conoscere la vera natura dell'ispirazione, ma la vista interiore non è costituita da idee che sono proprie, è il "vedere" interiore di ciò che è per ciò che esso è, nell'assolutezza che dà Certezza indiscutibile. Certezza che non è il conoscere tutto, ma è il conoscere le leggi del tutto. Più ci si avventura all'interno di sé, attraverso la rigorosità dell'essere aderenti nel proprio comportamento alla verità che si conosce perfettamente, e maggiore sarà il grado della conseguente consapevolezza. Certamente ciò che relativo non è non può stare all'interno del relativo, quindi si potrà dire dei princìpi, ma non del modo di conoscenza che si ha della loro disposizione gerarchica, né del come li si conosce. Non è fede se non nel fatto che quando non si è consapevoli della totalità, ma solo delle leggi che ne regolano lo sviluppo e l'inviluppo, si può avere una certa fede per quel che si riferisce al non ancora conosciuto, ma che si sa, sempre attraverso i princìpi, che non potrà essere troppo differente da come ci si immagina che possa essere. P.S: la dottrina metafisica non è soggetta a discussione proprio perché essa è perfetta, non essendo un prodotto dell'invenzione umana. L'uomo può solo vederla e dire di essa ciò che la consequenzialità discorsiva consente di dire, restando necessariamente nei limiti della qualità dell'intelligenza individuale di chi ne dice...

Condizioni postume

Il non poter conoscere cosa accadrà dopo la morte determina le condizioni necessarie per essere liberi, perché è solo attraverso la libertà che le proprie azioni acquistano il giusto valore. Se si fosse certi del destino postumo si agirebbe in funzione di quello, e la libertà di scelta ne sarebbe condizionata anche se, vien da ridere a dirlo, la maggior parte delle persone non smetterebbe di sgomitare per accaparrarsi il paradiso.

giovedì 30 maggio 2013

Il ritardo della verità



L’apparente ritardo attraverso il quale il tempo manifesta la verità è dovuto al fatto che si considera la realtà come se fosse tutta nella dimensione che stiamo vivendo, mentre essa è enormemente più complessa nel suo stare su piani diversi tra loro, anche se comunicanti. Non potendo avere coscienza degli altri piani successivi noi crediamo che la verità arrivi sempre tardi ma, in realtà, arriva quando è il momento migliore per manifestarsi. Anche nel suo avere conseguenze.

La famiglia "normale" e quella gay, considerate dalla visuale centrale metafisica.


Cosa debba essere la normalità, nell'universo dove nulla si ripete identico a se stesso è difficile dirlo, quando ci si riferisca al dover stabilire una media che appiattisca le differenze individuali. Appiattire realtà diverse tra loro, allo scopo di poterle riunire in una media, significa commettere una ingiustizia verso coloro che stanno in alto rispetto a quella mediocrità, ma anche verso coloro che le stanno in basso e pure nei confronti di chi sta in mezzo alle due tipologie, perché esso si ritroverebbe associato a chi non ha molto da condividere con lui. Questo perché per "normalità" si intende la mediocrità, e alla mediocrità è associata una qualità bassa perché troppo simile a tutte le altre. Così facendo si commettono diverse ingiustizie, attribuendo a una situazione l'etichetta di "normale": le si assegna scarsezza qualitativa, la noia attribuita alla ripetizione banale e un livello di realtà che è uniforme, scontato, che non suscita interessi, non creativo e che, in definitiva, è inferiore persino alla normalità nella quale la si voleva confinare. Dunque per "normale" si intende l'inferiorità nel suo rapporto con l'auspicabile, con la realtà da raggiungere. La realtà, nel senso più generale possibile, è tutto ciò che è manifesto e anche quello che manifestato non è, ma è presente, potenziale e si manifesta quando ci sono le condizioni per poterlo fare, come è la realtà del pensiero. La realtà è caratterizzata da forme dalle quali è costituita, ma non solo, perché l'idea è informale prima che sia stata tradotta in pensiero e, di seguito, in azioni. La realtà è formata da elementi, tutti sempre diversi tra loro, che sono legati da una catena di cause e di effetti i cui componenti devono il loro esserci alla collaborazione di altri elementi, in un insieme nel quale ognuno ha necessità della presenza di altri per continuare a esistere. Questa è la normalità. La vera normalità è costituita dalle leggi armoniche che ordinano la realtà rendendola adatta all'esistere. Sono normali le leggi che sono norma del tutto. Un tutto che c'è e ha modalità di funzionamento qualitative e quantitative, ha proporzioni e misure, alti e bassi, interni ed esterni, rapidità e lentezza e rapporti analogici che legano il piccolo al grande e il grande al piccolo del quale è la somma. Un tutto in continuo movimento per l'azione di una di queste leggi fisse che gli impone di muoversi, e che a sua volta non si muove, sacrificandosi per non sacrificare il tutto. Questa è la normalità. La realtà relativa vive attraverso il sacrificio di ciò che non vive per darle modo di essere, ed è un esserci che ha per fine la consapevolezza di sé e delle ragioni per le quali si è, nella continua ricerca della perfezione assoluta, verso la quale tendono tutte le perfezioni relative. Ho scritto questo preambolo allo scopo di analizzare la questione spinosa che si solleva quando si parla del diritto di esistere, e di esercitare la propria libertà, che hanno le coppie gay. È detto che la famiglia è "normale" quando composta da una donna e un uomo, come se l'accostamento dei due generi che insieme possono replicare la vita sia la cosa più importante di tutte, perché la vita è la cosa più importante al mondo. Questa convinzione riferita alla vita, che le assegna più valore che ad altro, è comunissima, così comune da spingere le persone a dire che la cosa più importante è la salute. Questo comporta il fatto che quando qualcuno sacrifica la propria salute per salvare quella di qualcun altro… questo qualcuno avrebbe commesso un errore perché la sua salute è la cosa più importante al mondo. Invece c'è un valore più importante della vita stessa, ed è rappresentato dalla capacità di sacrificare se stessi per amore dell'altro diverso da sé. La vita certamente è importante, è sempre lei che deve essere salvaguardata e generata, ma l'amore lo è di più. L'amore tra due persone dello stesso sesso, quando è amore, vale più della stessa vita, perché la vita deve il suo esserci a un sacrificio di amore. La diversità tra gli esseri, che è legge universale, non cessa per questo diritto gay di continuare a differenziare il tutto nei suoi componenti, e donne e uomini continueranno a generare la vita senza essere ostacolati dalle coppie gay, le quali per il loro amarsi devono godere degli stessi diritti delle coppie eterosessuali, perché il loro non poter figliare è solo una contingenza rispetto alla realtà d'amore che le unisce. Ogni avvenimento che è per amore è "normale", a differenza di quelli che avvengono per odio, e tutti coloro che deprecano l'amarsi delle coppie gay stanno dalla parte dell'odio, e non sono normali nei confronti dell'amore e del diritto di esercitare la propria libertà di scegliere chi essere e come essere. Il Mistero assoluto del quale siamo i figli è Libertà assoluta, una libertà che è anche sacra, e verso la quale l'Assoluto nulla può perché essa, quando è assoluta, è il Mistero stesso che non può contraddirsi. Siamo liberi di essere e di scegliere perché non c'è altra via per raggiungere la perfezione del nostro stato, e questa libertà relativa di cui godiamo è la misura armonica con la quale costruiamo noi stessi, migliorandoci o peggiorandoci, alla ricerca del Vero in ognuno di noi. Questa è la vera normalità, molto lontana dalla mediocrità di vedute che appartiene a chi antepone la propria salute all'amore per il prossimo.

mercoledì 29 maggio 2013

Stati d'animo


Gli stati d'animo spesso sono volubili e pericolosi, nel loro dare troppo importanza ad accadimenti negativi che saranno presto dimenticati; altre volte le emozioni perdurano a lungo nel tempo, quando sono estreme come è l'amare o l'odiare, ma col passare del tempo non pretendono più soddisfazione, e imparano a guardare dentro le più remote pieghe del loro essere state, e il rammarico sgorga per non aver visto in tempo quello che il tempo ha mostrato.

Gli ultimi saranno i primi

In questo mondo quando si ama la libertà si sarà prigionieri, se si cerca la giustizia la giustizia si farà desiderare, se si è generosi si sarà al centro dell'egoismo altrui, e quando si conosce la verità la menzogna tenderà agguati fino a soffocare ogni speranza di poterla affermare. Questo è il mondo dove chi ricerca il piacere trova la sofferenza, e chi soffre trova la pace solo nel riuscire a sopportare. È il mondo dove la materia impera, ed è il regno dove il male prospera. Per questo gli ultimi a godere della materia saranno i primi a gioire nello spirito, perché la materia è il capovolgimento dello spirito, così come la menzogna capovolge la verità.

martedì 28 maggio 2013

Umiltà

L'umiltà è considerata una qualità pregevole per colpa della tracotanza di tante persone per le quali, l'essere umili, costituirebbe solo il riconoscimento della loro modesta condizione, ma essere umili quando si posseggono qualità speciali crea situazioni ridicolmente false, a meno che non sia un'umiltà silenziosa. C'è un modo di mostrarsi umili per indurre gli altri ad accorgersi dei pregi, e c'è l'umiltà vera di chi non vuole far sentire a disagio, nel confronto, chi non possiede gli stessi doni. Come sempre la qualità dell'agire è in relazione alle intenzioni che l'hanno motivato, e il credere sia sempre preferibile un atteggiamento umile al mostrare la verità dei fatti è, dal mio punto di vista, un errore.

lunedì 27 maggio 2013

Il timore cosciente della nostra coscienza

Che accadrebbe se ognuno di noi giudicasse gli altri usando il metro di misura che usa per sé? Difficile dare una risposta univoca, perché alcuni si amano senza ragione, altri si amano con ragioni, altri ancora si odiano senza ragioni e, infine, ci sono persone che odiano se stesse, ma non abbastanza, con tutti i motivi che avrebbero per doverlo fare. A queste complicazioni se ne aggiunge un'altra, la più terribile, perché la vita vera è giocherellona e irridente verso la menzogna, così, appena si pensa a qualcosa che non sia in linea con la verità... scatta il pensiero opposto, quello al quale diamo il nome di coscienza, che non è necessariamente un portatore di verità, ma di certo non si lascia sfuggire nessun pensiero che non appartiene alla coscienza di quale potrebbe essere la parte migliore e la parte peggiore di sé. La coscienza non conosce esattamente quale sia l'unica e completa Verità, madre di tutte le piccole e incomplete verità partorite nel mondo, la coscienza non è la consapevolezza eppure, nonostante non sappia guardare in viso il Vero, ha un fiuto esagerato nel saper individuare le bugie, e su quelle scatena il risentimento nutrito verso la limitazione data dall'avere dei dubbi. La nostra coscienza è il nostro giudice personale, il quale ci giudica non conoscendo le leggi che danno la vita, regolando l'universo, dunque si limita a contrastare quelle che riconosce essere delle contraddizioni al bene comune il quale, dello stesso universo, è legge fondamentale.

Verità e menzogna


La verità cuce la realtà stringendola a se stessa, senza trascurare un solo punto, senza che il filo possa rompersi. La menzogna le scorre sopra ordendo e tramando, ma non può entrare dentro, perché la verità non ha un buco che si è scordata di chiudere, perché se lo avesse esso sarebbe un vero buco senza poter sfuggire alla verità di ciò che si è. Così la verità è sempre viva anche quando è coperta dalla menzogna, e la menzogna è sempre morta anche nel suo strepitare. Lo si vede nel ridicolo che avvolge ogni parodia della verità, perché la menzogna è piena di buchi dai quali la verità sbuca, nel suo mostrare la differenza che separa ogni caricatura che imita la verità, dalla sacralità immobile del vero.

domenica 26 maggio 2013

Lo stupore dell'iniziazione


In realtà lo stupore dato dall'iniziazione, quando questa diviene effettiva, è davvero sconcertante, tanto da togliere il fiato per parecchi giorni nel sentirsi sommersi da una realtà che eccede qualsiasi possibilità di poter essere immaginata, ma col tempo le emozioni per fortuna si attenuano e l'esperienza si sposta nella dimensione dell'intellettualità universale. È un bene perché ci si calma, ma è un male quando la volontà si affievolisce anch'essa. Pur essendo un'esperienza incredibile nel suo essere inenarrabile è anche terrificante, perché chi vede... la prima cosa che vede è la propria interiorità e, di seguito, anche quella delle altre persone, ed è estremamente difficile condurre una vita in modo che nessuno si accorga della profondità del tuo vedere, dietro le apparenze, gli infinitesimi movimenti intimi di un essere che non si conosce come tu riesci a conoscerlo. Si è ancora liberi di scegliere se vivere una dimensione tanto impegnativa oppure mettersela in tasca, in attesa di momenti migliori che non verranno mai, perché l'Assoluto non impone nulla, mostra semplicemente. Non potrebbe imporsi perché la Libertà assoluta non negherà mai la libertà di poter scegliere. L'unica cosa che l'Assoluto non può fare è quella di negarsi disconoscendo il valore della libertà.

Prede tenere

La speranza di raggiungere agevolmente la perfezione del proprio stato riempie le fauci d'acquolina, tanto è desiderabile, ma a uno sguardo meno superficiale le conseguenze della perfezione mostrano di essere simili a una mandria di problemi al galoppo che investe il malcapitato che aveva associato la perfezione alla serenità d'animo. La realtà insegue la perfezione perché è obbligata a farlo dalle leggi che la spingono alla ricerca di sempre migliori equilibri, ma ne farebbe volentieri a meno, perché deve il suo potersi manifestare all'allontanamento dalla Perfezione che la conteneva in principio, allo stesso modo dell'uno che potenzialmente contiene in sé tutti gli altri numeri. Così, chi si avvicinasse alla perfezione, avrebbe tutto il mondo pronto e deciso a impedirglielo. La perfezione non è di questo mondo, si dice, ed è vero, ma la si può raggiungere lasciando questo mondo prima di essere morti. A dirla tutta non è che lasciandolo la si raggiunga proprio, ma ci si mette almeno sulla buona strada per riuscire a farlo, ed è a questo punto che il mondo s'incazza, perché non vuole essere lasciato. Come un amante deluso ordirà accadimenti difficili da sopportare, e tramerà in modo da intessere una ragnatela appiccicosa di avvenimenti intorno all'aspirante santo, ostacolandogli l'impresa. Da parte sua il disgraziato che ha deciso di lasciarsi dietro l'attaccamento verso la materia, insieme ai desideri che da questo nascono, è come un pulcino di gabbiano nel mezzo di una tempesta che per lui è terrificante, dal momento che tutto il suo impegno sta ancora sul piano della volontà, nell'attesa di trasformarsi in atti concreti. Nessuna meraviglia, quindi, che la carne di pulcino di gabbiano costituisca il nutrimento più desiderato dal male che ha sempre un appetito insaziabile...

Considerazioni sull'universalità della Liberazione


La liberazione è necessariamente il fine di qualsiasi esistenza, perché l'esistenza è immersione nelle costrizioni date dai limiti dai quali è circoscritta. Liberazione ottenibile centrandosi nel sé, immagine e presenza dell'Intelligenza universale in ogni essere. Il sé è assoluto e identico a se stesso per ognuno; essendo assoluto è libertà assoluta, per questo la libertà è ottenuta dalla centratura nel sé. La vita è il mezzo che consente alle intelligenze individuali di trasferirsi dalla semplice coscienza, che è il sapere di esserci, alla consapevolezza spirituale che è il conoscere perché si è. Il grande segue le leggi del piccolo perché è formato dall'insieme di piccoli e perché il piccolo è più vicino allo spirito il quale, creando ciò che è possibile, lo attua procedendo dal piccolo. Nel piccolo c'è il grande in potenza tanto quanto nel grande, per analogia inversa, c'è il piccolo attuato. Questo stato di cose è legge universale di corrispondenza analogica e deve valere per tutti gli esseri, non solo per gli umani. La storia, poi, costituisce la conseguenza implicita dell'azione delle leggi universali che, in quanto universali, valgono per tutto l'esistente. Questo non significa che su ogni pianeta abitato da esseri ci sia stato o ci sarà un Cristo messo in croce, come non significa che anche i vermi abbiano il loro cristo da crocifiggere. La creazione è un allontanamento dal principio, ma il principio non è l'Assoluto, perché principio indica affermazione. Il punto privo di estensione è il principio di ogni forma, è lo zero affermato causa di forme alle quali non partecipa, come l'istante privo di durata lo è del tempo. Non c'è un Dio da perdere perché a perdersi possono soltanto essere gli individui, e non sarà mai una vera perdita, ma solo un temporaneo allontanamento, quando visto dal punto di vista individuale, perché da quello metafisico è l'individuo a essere immerso nel Mistero assoluto e, per questo, impossibilitato a uscirne perché l'Assoluto non ha un dentro e un fuori da sé. Neppure è sbagliato e segno di arroganza considerarsi dei favoriti, perché ogni essere del creato è favorito dall'Assoluto, ma chi guarda esclusivamente a se stesso gli altri non può vederli.

venerdì 24 maggio 2013

La Verità è infinita

Infinito. Una parola che non dà tregua all'intelligenza, almeno alla mia. Sul fatto che l'Infinito non abbia un inizio ci si può anche astenere dallo sbrigliare l'immaginazione, ma che non abbia fine lascia stupefatti tutti quelli che vivono nell'obbligo dato dal dover prevedere una fine. Naturalmente l'intelligenza, almeno la mia, dice che l'universo non può essere infinito; è una questione di logica quella che dice esserci una gerarchia che vuole la causa essere sempre maggiore degli effetti che avrà. Dunque, essendo l'Infinito privo di limiti, ed essendo il limite la prova di un'inferiorità nei confronti di ciò che limiti non ha, si è costretti ad ammettere che l'universo dei limiti deve averceli. La mia intelligenza, nonostante i miei tentativi di tenerla a freno, dice anche che l'universo potrebbe essere definito come la somma dei limiti dai quali è circoscritto. Lo vedo anch'io che parrebbe una cavolata dirlo, ma lo è solo dal punto di vista umano che ha tutta l'aria di essere un fanatico del limite. In definitiva (non ho trovato un'espressione meno adatta) ci troviamo immersi in una sorta di bolla i cui orizzonti fuggono come l'orizzonte che recinta casa mia. Quando un limite mostra di essere irraggiungibile dice anche di appartenere a una sfera. Non si fatica ad ammetterlo dal momento che tutto il cielo sopra di noi è approssimativamente sferico, come lo sono i pianeti e le loro orbite. Approssimativamente si è costretti a dirlo perché la dimensione materiale è piuttosto distante dal riuscire a essere perfetta, e non sta a me fare di più per convincere un umano sul significato da attribuire all'imperfezione. Il movimento al quale ogni cosa esistente è sottomessa è lì a dircelo, perché la perfezione ostacolerebbe ogni doversi muovere. Ogni passo è compiuto per aggiustare un movimento che ha perduto il proprio equilibrio, ed è una pena dover fare tanti passi per non arrivare da nessuna parte, almeno questa è l'accusa che la mia intelligenza fa a se stessa. Vien da pensare che anche il nostro cuore pulsi continuamente perché a ogni battito sistolico che non lo soddisfa del tutto... lui ne oppone uno distolico che non lo soddisfa del tutto, e quando è innamorato quello squilibrio aumenta enormemente d'intensità. In presenza dell'amore tutto il cosmo accelera il suo correre, i passi si fanno svelti, il cuore diventa un tumulto di emozioni e l'orizzonte pare essere più lontano, perché quando ti vede correre corre anche lui di conseguenza. Infinito è una una parola che obbliga a correre, e pare quasi sapere che l'intelligenza individuale di chi corre ha sùbito il fiatone dato dall'essere interessata più a se stessa che alla temuta, perché tanto difficile da conoscere, verità.

giovedì 23 maggio 2013

Un gioco troppo grande?


L'esistenza di certo è un gioco troppo grande per la maggior parte degli esseri che abitano l'universo, ma è il troppo grande che consente di correre a perdifiato... Poi c'è chi corre per raggiungere e chi per fuggire e la morte è una specie di bonus dato a entrambi, non per ripetere il percorso già fatto, ma per continuare a correre dietro alla perfezione.

Tanti modi diversi di amare la libertà


Ci sono molti modi di essere anarchici, e sono modi che hanno avuto i loro rispettivi riscontri storici: si può essere anarco-individualista, anarco-comunista, anarco-insurrezionalista, anarchico perché si ama la libertà di essere ciò che si desidera essere senza ferire gli altri che anarchici non sono. In realtà anarchico vuole semplicemente significare la volontà di non avere padroni diversi da sé, e da questa ottica difficilmente qualcuno potrebbe dissentire. Purtroppo, però, a rendere la libertà difficile da realizzare c'è la vita coi suoi princìpi i quali, valendo per tutti, non sono padroni di nessuno. Questi princìpi sono sintetizzati dalla magnifica parola "Libertà", termine che indica anche il fine ultimo dell'esistenza, lo stesso per tutte le religioni del pianeta. È la stessa libertà che l'uomo ha di decidere chi essere attraverso il proprio fare e non fare. Libertà che è l'immagine relativa della Libertà assoluta nella quale l'Assoluto si manifesta nel regno della molteplicità. Gli esseri sono liberi perché l'Assoluto può tutto tranne che contraddire se stesso, e l'Assoluto è libertà assoluta. È grazie a questo che noi desideriamo essere liberi e, godendo o soffrendo, lottiamo per riuscire a esserlo. La libertà regalata non è una libertà significativa, per questo non la si può regalare senza avere in cambio l'insulto di chi sa che la propria libertà è un diritto che deve essere conquistato da sé. Se l'essere anarchici prevede un credere di avere diritti senza alcun dovere, se implica il dover godere di ciò che non si è capaci di vivere senza farsi del male e senza far del male agli altri, allora non è anarchismo, ma solo voglia di fottersene dell'armonia, sia quella del cosmo che quella individuale che ha il granello di polvere di entrarci in un occhio. L'essere anarchici di un prete non è uguale all'essere anarchico di chi non ha nulla da dare e tutto da prendere, non è la pretesa che non ci debbano essere princìpi legiferanti, questo perché la realtà è governata da leggi fisse che non cambiano, come varia il sentire emotivo al mutare delle latitudini. I princìpi che non cambiano sono detti universali, perché costituiscono le modalità attuative attraverso le quali la realtà regge se stessa nel suo mutare continuo. Un mutare che è imposto da uno di questi princìpi universali che non muta a propria volta, perché se questa imposizione cessasse di essere la vita la seguirebbe in quel cessare di essere. La qualità e la quantità sono altri due princìpi fissi e validi per tutto ciò che è, così come la corrispondenza analogica che lega il sopra col sotto e il dentro col fuori, il microcosmo col macrocosmo e la nostra interiorità con le azioni che compiamo. La capacità di riuscire a considerare, senza semplificare riducendo tutto alla portata della nostra comprensione, appartiene a pochi, ma i molti non hanno strumenti per negarla perché negare i princìpi costitutivi dell'universo significa negare l'Intelligenza che ordina l'esistenza, e che dà a tutti la possibilità di desiderare prima e compiere dopo quella libertà che è sacra proprio perché non è di nessuno, nel suo essere il miraggio di tutti. Solo chi saprà cogliere nel sacrificio di sé la chiave per andare oltre ogni limitazione connaturata alla vita, potrà superare gli ostacoli che la vita dispone di traverso davanti a ognuno, perché è superando l'ostacolo che si impara a saltare, così come è nel lasciare la presa la vera libertà di essere se stessi nel modo migliore di poterlo essere. Liberi come libero è il Mistero al quale dobbiamo sì la nostra pena, ma anche la gratitudine per averci messo nella condizione di poter lottare per ciò che crediamo essere giusto. Come potrebbe essere giusto qualcosa che appartiene soltanto a noi stessi senza includere tutti?

A Don Gallo


Stare dalla parte dei derelitti, degli sfruttati e della povera gente, è parte essenziale dell'insegnamento lasciato dal Cristo. Non ho scritto "cristiano" perché oggi l'essere cristiani può certamente implicare la comprensione dei princìpi mostrati dal vivere del Cristo, ma troppo spesso di quella comprensione non c'è traccia in coloro che nascondono dietro al cristianesimo i propri interessi personali. Finte chiese con dentro finti fedeli innalzano al Cielo soltanto il bisogno di coesione sociale, lo stesso che tiene unite le persone alle feste di paese. Il prete ormai ha un ruolo di coordinatore sociale, ed è anche discarica dove riversare peccati veniali che fingono di credersi gravi… allo scopo di riuscire a nascondere peccati inconfessabili. È in questo degradato scenario dove l'opus dei, la compagnia delle opere, comunione e liberazione, lo IOR dei faccendieri mafiosi vaticani hanno ridotto il cristianesimo a essere la squallida finzione che è; su questo palcoscenico della truffa l'essere il prete dei diseredati e degli afflitti ha il valore spirituale che solo il sapersi sacrificare per gli altri può rendere sacro. Il sacrificio di sé è la chiave che trasforma la sconfitta in una vittoria, il rifiuto di ferire diventa la propria ferita, dalla quale il sangue sgorga per offrirsi a chi ha sete. Il prete capace di vivere questa dimensione dell'essere non ha una collocazione politica diversa dall'essere un vero cristiano. Sono i falsi cristiani che spingono quel prete verso la parte avversaria, ma in realtà sono loro a essere la parte avversa alla verità di ciò che il cristianesimo deve essere. Don Gallo, come anche Don Ciotti, è un vero prete cristiano, e la sua vicinanza ai centri sociali e ai movimenti di sinistra è una vicinanza di intenti, non di princìpi, perché il pensiero comunista è materialista e tende a escludere la spiritualità, per questo non appartiene al vero cristianesimo. Non significa poi molto, per fortuna, perché le persone vivono scegliendo il lato della vita che pare loro essere quello giusto, e spesso lo fanno in contrasto coi valori che si sono date, così a volte anche chi è materialista, dunque disposto a dar fiducia alla pesantezza dell'insensatezza casuale, lascia dietro di sé e a bocca asciutta il proprio credere per inchinarsi al bisogno di aiutare gli altri. La parte nobile dell'essere di sinistra è, in questo modo, più vicina al cristianesimo di quanto essa non creda, più vicina di quanto non sia il Papa, con tutto lo Stato del Vaticano che trascina impettito dietro di sé un porporato che ha cessato di ricordare il rosso del sangue di Cristo per evocare quello versato dalle vittime delle speculazioni bancarie. Don Gallo è stato e sarà il prete dei poveri, non un prete comunista, allo stesso modo in cui un comunista che aiuta un disperato si trasforma in un, tanto vero quanto raro, cristiano.

martedì 21 maggio 2013

Un salvataggio in extremis


Da ragazzo ero un anarchico militante, uno dei pochi che si era letto tutti i libri che inneggiavano alla libertà. Tutti meno quello che non fu mai scritto. Crescendo ho cominciato a riflettere su alcune cosucce che la vita mi rifilava con sdegno, e ho dovuto ammettere che dei princìpi ci dovessero essere se l'universo tremava meno di quanto tremassi io. Ammettere non necessita aderenza, si può anche ammettere con qualche difficoltà, perché le vecchie convinzioni non lasciano la loro presa senza lottare; ma la vita è paziente perché sa che, alla fine, la verità viene a galla, anche dopo che la si è ammazzata. Così, presto o tardi la si deve ripescare, e fare la respirazione bocca a bocca non è facile, a una vita che è stata decomposta dalle illusioni facili, ma lo si deve fare se si vuole vederla risplendere nei suoi princìpi costitutivi. Alla fine si è contenti di averla resuscitata anche se, in realtà, è stata lei ad aver resuscitato te...

domenica 19 maggio 2013



Affermazione priva di senso, come tutte le ipotesi formulate da Hawking. Questi matematici hanno la presunzione di tradurre la complessità della realtà in formulette concentriche, sistematizzando ogni cosa in schemi precostituiti. In questo modo, schematizzando, si devono escludere quelle possibilità, implicite alla realtà, che non rientrano nelle esigenze che distinguono uno schema dall'altro, e questo escludere rende ogni schematizzazione inadeguata a rappresentare la realtà nella sua totalità. In aggiunta Hawking ignora le leggi universali che ordinano l'esistenza, e la non conoscenza di queste leggi fondamentali impedisce di far procedere la logica da presupposti fissi, come sono fissi i principi di ordine universale. Una logica che procedesse da ipotesi mobili e soggette a variazione non avrebbe alcuna possibilità di centrare una sintesi che sia in grado di spiegare il perché dell'esistenza, e la natura di ciò che ne modula l'essere. I risultati di questa mentalità pseudo scientifica sono riscontrabili nelle assurdità delle proposizioni espresse da questi individui, com'è questo il caso, perché è talmente ovvio che una mente attiva possa essere anche quella di un casinista, e non solo una caratteristica propria alle anime tormentate che, per quel tormento, sono costrette all'introversione. L'essere tranquilli non implica necessariamente rumorosità mentale, anche perché la mente di ognuno è in continuo movimento attraverso il pensiero e il pensiero può essere rumoroso solo nelle azioni che induce a compiere. Inoltre se fosse vero che sono le persone tranquille ad avere le menti più rumorose, per inversione dovrebbe anche essere vero lo speculare capovolto di quella proposizione, e questo significherebbe che le persone agitate hanno la mente calma. Con molta probabilità, Hawking, per rumorosità mentale indica un pensiero associabile al rumore che farebbero i concetti se fossero delle pietre che franano, e questo implicherebbe che i soggetti agitati pensino col garbo delle piume, alle quali basta un leggero soffio per riuscire a sollevarsi verso il cielo della pace interiore.

Figli di un litigio cosmico


Nella diversità che caratterizza ogni elemento dell'esistenza ognuno occupa un posto fatto a misura per lui, e se lui non ci fosse quel posto resterebbe vuoto. Poiché ogni cosa è necessariamente legata ad altre il vuoto non può esistere, perché esso è la negazione dell'esistenza; dunque ognuno c'è per necessità, e se non ci fosse tutta l'esistenza crollerebbe come un castello di carte al quale fosse sottratta una delle carte che la sostiene. Il Tutto è pervaso di energia che vibra incessantemente, e dove c'è vibrazione il vuoto non trova posto, anche perché il vuoto messo vicino al pieno si riempirebbe non potendo avere confini che gli appartengano. Ognuno di noi esiste per necessità, ma anche per contingenza, perché la manifestazione della realtà si manifesta sdoppiandosi, dopo essersi staccata dall'unità primigenia, e ciò che è necessario è anche accidentale nei confronti dell'Assoluto. Allo stesso modo la realtà, essendo una composizione di elementi limitati, corrisponde a una negazione formata da un insieme di limitazioni, ma è anche positiva perché rappresenta la messa in atto di un insieme di possibilità in divenire. Siamo tutti speciali e necessari, nel nostro essere il risultato positivo di un litigio cosmico negativo.

sabato 18 maggio 2013

Felici di non sapere o felici di conoscere?


Come si possa cercare la felicità in un mondo di persone che soffrono resta un dilemma di facile soluzione che può avere una sola risposta: l'egoismo sfrenato. A meno che la propria felicità non la si cerchi nella felicità altrui, in quest'ultimo caso la risposta è altrettanto univoca: altruismo sfrenato. Ma si può essere sicuri che sia la felicità l'obbiettivo dell'esistenza? Un'esistenza che è molto più del suo aspetto emotivo, e la felicità è un'emozione. Non sarebbe il caso di guardare alle possibili ragioni che si possono avere per liberare questo pregevole stato emotivo? Quali dimensioni dell'essere sono in grado di assicurare un'emozione duratura nel tempo, considerato che poche cose sono labili, e soggette a variare d'intensità, come lo sono gli stati emotivi? Tutte queste domande necessitano di risposte, e questa necessità induce a pensare che solo il conoscere può assicurare una dimensione interiore così stabile da riflettersi nella felicità capace di mantenersi viva anche nelle difficoltà date dal vivere.

venerdì 17 maggio 2013

L'aspetto sentimentale nelle religioni


L'aspetto sentimentale è implicito nelle religioni, ed è questo che le distingue dall'universalità di valori che non mutano al variare della latitudine come mutano le religioni, le quali associano all'emozione che ognuno prova il loro credere o non credere. Per quell'aspetto sentimentale e continuamente mutevole si fanno la guerra, e ognuna accusa l'altra di essere in malafede. Come potrebbero comprendersi se ognuna è convinta di guadagnarci difendendo la propria trincea, la stessa dove è conservata nel fango la propria verità?
"Il mio dio è meglio del tuo!" si dicono a vicenda 
"Chi non crede nel mio dio non si salverà" 
"Pregate il Cielo e donate alla vostra chiesa" 
"Siamo l'unica via di salvezza!" 
"Siate misericordiosi con le genti delle altre fedi, perché la nostra le batte tutte!" 
"Noi siamo i buoni, gli altri ne hanno da fare di strada per raggiungerci!". 

Quanta differenza con quello che disse un santo di nome Ibn Arabi:

Il mio cuore è diventato capace di accogliere ogni forma, è un pascolo per le gazzelle, un convento per i monaci cristiani, è un tempio per gli idoli, è la Ka’ba del pellegrino, è la tavola della Torah, è il libro del Sacro Corano. Io seguo la religione dell’Amore, quale che sia la strada che prendono i suoi cammelli: questo è il mio credo e la mia fede.                                                   (Ibn Arabi  1156-1240)

Difetti da nascondere


Una delle cose che più contano per l'essere umano è la faccia, intesa come dignità personale da esibire al pubblico che esibisce la propria. Ogni uomo ha, però, un personale modo di misurare questa dignità e, in generale, la misura senza alcuna dignità. Così mantiene integra la propria idea di onore in modo da evitare di perdere una faccia che non ha mai avuto. Il mafioso in particolare è un esperto in questo tipo di manovre, e difende il proprio prestigio anche a costo di perdere la faccia migliore che avrebbe avuto senza quel prestigio da difendere. Tutti hanno una faccia, anche i santi ce l'hanno, con la differenza che il santo non teme di perderla perché l'ha già persa quando si è avvicinato a Dio. Per questa ragione l'essere santi induce a mostrare i propri difetti e a nascondere i pregi, per non dover mortificare chi santo non è ancora riuscito a esserlo. In Oriente questi speciali quanto rarissimi esseri, i quali hanno superato i limiti impliciti all'individualità umana addentrandosi nell'universale, sono chiamati "La gente del biasimo", e sono considerati i prediletti dal Cielo, coloro i quali siedono a fianco dell'Assoluto Mistero senza esserne orgogliosi, perché per chi è santo l'orgoglio e l'umiltà sono entrambi orribili difetti.

Niente di peggio


Non c'è niente di peggio che credere d'essere ciò che per il solo fatto di crederlo non si sarà mai finché ci si crede, perché la consapevolezza, col credere o col non credere, non ha punti in comune. Quando si è stati gabbati da qualcuno ci si arrabbia molto, ma se quel qualcuno sei tu stesso, la disperazione nello scoprirlo non ha eguali.

giovedì 16 maggio 2013

Fuori di sé

L'essere fuori di sé ha un doppio significato: dato il sé come essenza spirituale, centrale e universale, dunque identica per tutti gli esseri, che è radice della manifestazione, esteriore ed egoistica chiamata "ego", si deve dire che la maturità di un individuo è in relazione al grado di prossimità dell'ego al sé. Più gli è vicino e meglio stanno le cose per quell'essere che è accanto alla consapevolezza di sé. Detto questo va ricordato che le ragioni per essere fuori di sé sono tante e diverse tra loro quanti sono gli individui sulla lunga strada che conduce a essere consapevoli e centrati universalmente alle proprie possibilità di essere. In dipendenza della qualità di queste ragioni cambierà il modo di essere fuori di sé. In tutto l'Oriente chi è fuori da sé è visto come un essere toccato dal Cielo, perché la follia può essere la conseguenza di un allontanamento anche dalla superficialità dell'ego. Fuori di sé lo si è certamente, ma fuori dal lato oscuro di sé significa essere più vicini al Cielo anche se è una vicinanza passiva, dunque limitata dal dover subire volontà altrui. Diversamente la lontananza dal sé centrale è segno di immaturità, ma non è l'unica condizione necessaria per essere invasi dal male, perché c'è un lato nascosto in ognuno che ripara dal male proprio attraverso la non consapevolezza che costituisce una barriera insuperabile per le orde di Gog e Magog. Il male non si accontenta della superficiale stupidità, vuole corrompere in profondità, ed è per questo che per essere preda del male occorre volerlo con forza, e con quello che resta della propria malata intelligenza. Essere "centrati" nel sé implica la realizzazione spirituale che è identificazione con l'Assoluto, e chi credesse di esserci vicino solo per il fatto di pensarlo mostra di esserne molto, ma molto lontano... La condizione indispensabile all'avvicinamento, che è maturazione delle proprie possibilità di perfezione, è data dall'essere stati iniziati da un vero maestro, il quale ha trasmesso l'influenza spirituale proveniente dall'Assoluto, e l'ha trasmessa per volontà espressa dall'Assoluto attraverso segni inequivocabili. L'iniziazione è solo il primo passo verso l'entrata nella sfera spirituale, compiuto attraverso la consapevolezza al di sopra del tempo dei princìpi universali che ordinano la manifestazione dell'esistenza. È detto che rari siano gli iniziati al Mistero dello Spirito, ma una moltitudine rispetto a quelli che muoveranno il secondo passo entrando nel fiume che divide la sponda dell'individuale da quella dell'universale. Ancora è detto che molti sono quelli che vi annegano nel tentativo di imparare a nuotarvici, e quasi nessuno arrivi ad appoggiare il piede sull'altra sponda.

La sete di verità


La sete di verità è sete perché l'intelligenza è infelice di avere poca acqua con sé...