mercoledì 3 aprile 2013

L'importanza data alla lettura


L'attribuzione di un'eccessiva importanza data al leggere convince le persone che il sapere appartenga a un ordine quantitativo, così che la quantità dei libri letti, anche quelli tra questi che non si sono capiti, sia preminente rispetto alla loro qualità. È ovvio che la quantità sia più facile da riconoscere di quanto non lo sia la qualità. Il problema è dato dal credere che l'intelligenza si formi e cresca attraverso la lettura. È un problema perché, soprattutto all'inizio, i libri letti contribuiscono, più che ad affinare lo spirito critico... a inclinarne l'attenzione verso la condivisione di ipotesi spacciate per verità da coloro i quali scrivono con un'arte che chi legge non ha. Addirittura spesso le persone persistono nel credere valide e attuali le conoscenze scientifiche che sono state abbandonate da tempo dai loro stessi promulgatori. In questo modo, procedendo nello studio, l'inclinazione subita a causa dell'immaturità del lettore diventa una propensione ad accettare le opinioni altrui le quali, in genere, sono espressione delle tendenze culturali che caratterizzano un certo periodo storico. È per questo che le persone, oggi, considerano la visuale materialistica come fosse accettabile, al punto che persino Papa Wojtyla ha dichiarato la concezione evolutiva darwiniana non essere in contrasto con quella biblica. La verità è la realtà più antica del tempo stesso, e non è affatto detto che una nuova teoria sia migliore di quella che è stata messa in soffitta. In questo modo al di qua del muro si trovano i materialisti, mentre al di là ci sono i credenti. Credere e non credere sono i due aspetti antagonisti tra loro, su un piano di realtà, mentre su quello più elevato e successivo sono da considerarsi complementari, le due facce, stavo dicendo, del non conoscere. È tanto bello e agevole credersi nel giusto perché si ha alle spalle una rassicurante biblioteca zeppa di libri che si contraddicono a vicenda; così che si è portati a pensare che la "cultura" unisca le persone, dimenticandosi troppo facilmente che le guerre sono combattute da individui colti che ordinano ad altri, supposti ignoranti, di sparare al nemico che ha una cultura diversa che non vale la pena di conoscere, e una visione diversa della vita e di Dio.

1 commento:

  1. Concordo pienamente.

    Il dramma consiste, a mio modesto avviso, nell'effetto deleterio che hanno le opinioni, le credenze, le convinzioni. Esse distolgono dalla realtà fattuale che, pur relativa, è quanto di più vicino al Vero l'uomo comune possiede.

    E' frequentissimo, per esempio, non capire ciò che si legge perchè le parole scritte evocano, confermandole o contrastandole, convinzioni, stati d'animo, ricordi, fantasie, etc. ed il pensiero ci costruisce sopra opinioni che è un piacere. E ci allontana, irrimediabilmente, da ciò che l'autore voleva mostrarci. Ancor più spesso si rifiuta o si accetta ciò che si legge a seconda che sia in contrasto o meno con ciò che si ritiene corretto in quel preciso momento. Senza considerare con la dovuta attenzione che tantissime volte ciò che si ritiene corretto oggi non lo si ritiene più corretto dopo pochissimo tempo. Tranne (almeno per me) i principi morali sui quali è fondata la mia coscienza. E comunque bisogna tener presente che ciò che è bene per me può essere male per qualcun altro. Nel senso che se io salvo un essere umano mentre sta affogando insieme ad un altro ciò che è bene per colui che salvo è male per colui che lascio, giocoforza, affogare!

    Un altro problema ancora è sfuggire alla trappola dell'autore che, quasi sempre, seduce o tenta di sedurre il lettore con quella che in latino si chiama captatio benevolentiae. Tra l'altro l'autore parte sempre in vantaggio perchè, come giustamente osservi, possiede un'arte che il lettore, quasi sempre, non ha. E possiede pure un certo prestigio. Almeno sino a che non lo affronti de visu! Ricordo con amarezza una volta che alla presentazione di un suo libro "incantonai" Paolo Cohelo chiedendogli spiegazioni di alcune cose che aveva affermato in qualcuno dei suoi numerosi libri. Mi sembra che si trattasse de l'Alchimista. Non sapendo egli rispondere alle mie domande e dunque a quello che egli stesso aveva scritto i suoi occhi cominciarono a tradire prima smarrimento e poi desiderio di fuga. Fuga che venne elegantemente aiutata dal suo amico (presumo una specie di guardia del corpo). Io rimasi lì come un baccalà senza sapere più cosa fare. Poi mi ripresi e provai compassione per chi sembrava avere perle di saggezza e invece non sapeva neppure rispondere di ciò che scriveva.........

    Oggi l'unico libro che leggo è la Bibbia.

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