sabato 9 marzo 2013

Il non sapere di Socrate


Ogni individuo intelligente, al contrario di uno stupido, vede i limiti della propria intelligenza ogni volta che quest'ultima è costretta a formulare ipotesi attorno alle ragioni d'essere delle realtà considerate, perché ogni ipotesi ha la sua ragione d'essere nella non conoscenza della verità la quale, quando è conosciuta nella sua intima essenza, rende superfluo ogni ipotizzare. Chi vede la verità nell'immediatezza dell'intuizione, diretta perché spirituale, non ha più idee che può considerare proprie, perché quando un'idea si identifica nella verità… in quella identificazione cessa di essere un'idea personale nel suo essere universale. È per questo che chi vede la verità nuda dice di non possedere alcun sapere.

4 commenti:

  1. C'è anche un altro motivo per cui si dichiara di non sapere: perchè DAVVERO non si sa nulla.

    Al di là di quello che mi suggerisce il buon senso e cioè che poichè non so da dove vengo, dove andrò e per quale motivo sono qui, diventa difficile vivere la vita in una prospettiva corretta. In una prospettiva aderente alla realtà delle vere motivazioni per cui si vive. Ma questo, vivaddio, lo comprende (se ci riflette un attimo) ogni essere senziente.

    Più precisamente il "non sapere" di cui parlo è: poichè i sensi ingannano e non permettono una visione vera di come stanno le cose ne consegue che ogni conclusione che si trae su un qualunque soggetto non è aderente alla realtà.

    E dunque potrebbe anche essere che Socrate si riferisse a questo aspetto che ho appena descritto. Che, verosimilmente, è una buona base da cui partire per cercare di conoscere come stanno veramente le cose. Poi, una volta che Socrate conobbe la verità delle cose, c'è anche caso che abbia continuato a dire "so di non sapere" per i motivi da te spiegati.

    Insomma "so di non sapere" è una discreta verità che magari non è assoluta ma ci va vicino. :-)

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  2. Non c'è un solo essere che può ragionevolmente affermare di non sapere nulla. Le domande essenziali: da dove vengo, dove andrò e per quale motivo sono qui, non hanno bisogno, per trovare risposta, di una visione diretta, è sufficiente l'intelligenza che mostra la necessità di perfezione che ha ogni realtà esistente, insieme all'imperfezione che ne ostacola il raggiungimento. Questo significa che veniamo tutti dalla Perfezione e attraverso la possibilità di lottare contro l'imperfezione andiamo tutti verso la Perfezione iniziale, ed esistiamo perché l'esistenza è un allontanamento dalla Perfezione che ha la necessità di mettersi alla prova per poter guadagnare una nuova perfezione, questa volta meritata.

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  3. Può darsi che ogni realtà esistente sia in cammino verso la Perfezione (da cui veniamo) attraverso una consapevole lotta verso l'imperfezione. Ma che questo sia riscontrabile da ognuno di noi attraverso l'intelligenza mi pare opinabile. In questi sei o settemila anni di storia umana io rilevo un progresso teconologico ma, dal punto di vista morale, non mi pare di osservare una crescita.

    Guarda all'Europa e al Nord America: mai nella storia umana questi continenti hanno vissuto un siffatto benessere economico, senza guerre, con le maggiori malattie sconfitte. Eppure gli uomini, invece che dedicarsi a Dio o, almeno, agli altri uomini o all'arte.........guarda come siamo ridotti. Non serve che te lo descriva perchè sono certo che la tua sensibilità avverte il degrado umano di questa epoca.

    Poi, magari, hai ragione tu e questo ciclo così ingrato, così ingeneroso, è semplicemente una tappa verso la finale perfezione.

    Ma che sia intuitivo o logicamente dimostrabile...........

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  4. I grandi cicli temporali sono analoghi a cicli minori dei quali seguono le stesse modalità attuative perché il grande è composto dai piccoli. Il ciclo attuale è quello definibile come il regno della quantità ed è quello più lontano dalla Perfezione originale, dunque il degrado dal quale è contraddistinto appartiene alla stessa natura del suo equivalente microcosmico riferito alla vecchiaia di un essere. Ma la malattia e la conseguente morte sono la porta di uscita, che è nello stesso tempo anche quella di entrata in un nuovo e diverso ciclo, la porta d'uscita, dicevo, che apre alle nuove e diverse possibilità di poter raggiungere la perfezione.

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