martedì 26 febbraio 2013

Bene e male


Mi è venuta l'insana esigenza di definire cosa sia la bontà. Dovrò per forza dire anche cos'è la cattiveria, ma so in anticipo che sarà un tentativo fallimentare, a causa del fatto che, in realtà, bene e male sono concetti convenzionali, volubili quanto traditori, disegnati da un uomo quando vuol dividere in due una torta allo scopo di tenere la metà più grande per sé. È a tutti noto che un bene per uno può essere un male per l'altro che gli sta di fronte, com'è il caso della torta divisa in due parti diseguali tra loro. Questa consapevolezza impedirà alla mia analisi di utilizzare un punto di vista esclusivo. In generale si può dire che è bene tutto ciò che agevola il raggiungimento della propria perfezione, mentre sarà un male quello che la ostacola, perché per definire qualcosa occorre farlo avendo in vista un obbiettivo da raggiungere che sia da considerarsi il bene supremo, oppure il male massimo raggiungibile. Le cose dette così assumono un aspetto inquietante, perché non sono rari i casi nei quali una disgrazia, o addirittura una malattia, finisce col migliorare l'esistenza di qualcuno. D'altronde non possiamo certo definire un bene una scorpacciata di deliziosi cioccolatini artigianali fatti con amore in Belgio, pur riconoscendo che il cioccolato è un bene a prescindere. Ed ecco che sfacciatamente si presenta a noi il concetto di misura, perché se una piuma rappresenta la leggerezza… una tonnellata di piume non la rappresenta più, non avendo senso parlare di una tonnellata di leggerezze. Dunque la misura è quella cosa attraverso la quale un bene faciliterà il raggiungimento della nostra perfezione senza darci spintoni pericolosi. Così si deve ammettere, per fare un esempio a casaccio, che se la pratica dello Yoga aiuta un individuo a perfezionarsi, potrà anche spezzargli una vertebra se quell'individuo tenterà di inarcare la schiena oltre i limiti consentiti dal suo organismo. Dall'altra parte della barricata il male se la ghignerebbe, nel suo non doversi porre problemi di misura. E qui si presenta un'altra importante questione da risolvere, perché l'alto si capovolge nel basso come il più nel meno. 
Si dirà:— Ma che cazzo c'entra?— 
C'entra eccome, perché la legge dell'analogia inversa vuole che sia sempre possibile verificare se un'opposizione è da considerarsi una vera opposizione in un determinato contesto. Un bene si trasformerebbe in un male se si invertisse nel proprio contrario, allo stesso modo di quanto avviene per il più rispetto al meno. È per questo che il bene deve avere misura mentre il male, al contrario, può evitare di costringersi ad averla. In definitiva si può ragionevolmente affermare che il bene ha per fine la perfezione di uno o più esseri, mentre il male lotta per mantenere ferma la loro imperfezione, o peggiorarla. Ma ora si apre un nuovo scenario, perché quando la perfezione di uno stato dell'essere è relativa è destinata al poter degenerare, allo stesso modo in cui un'imperfezione può perfezionare se stessa. La realtà relativa non si causa da sé, perché nulla è effetto e causa contemporaneamente, quindi deve avere una causa che relativa non può essere. Ciò che non è relativo è assoluto e, dunque, privo di limiti, di durata e di estensione, unico perché due assoluti costituirebbero uno il limite dell'altro negandosi a vicenda. Una Realtà assoluta è necessariamente caratterizzata dalla perfezione assoluta, la quale riflette se stessa nel suo manifestare le proprie potenzialità nelle perfezioni e imperfezioni relative della molteplicità. È a questa Perfezione che il bene tende, ma la Perfezione assoluta, essendo assoluta non ha correlativi che le si oppongano, ed è per questo che il male non può essere perfetto. Il bene è dato dal riflesso della Perfezione assoluta, mentre il male è costituito dal dividersi della Perfezione assoluta all'interno della realtà relativa. Male che non sa di essere lo strumento inconsapevole del Bene, e sarà un male relativo destinato a trasformarsi nel Bene assoluto.

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