mercoledì 14 novembre 2012

La ragione e la razionalità


La ragione è la capacità, squisitamente umana, di tradurre in pensiero il frutto delle intuizioni, delle osservazioni e delle sensibilità individuali. La ragione è il modo individuale attraverso il quale l'intelligenza si esprime attraverso il pensiero, e costituisce il riflesso individuale dell'intelligenza universale. La razionalità è il modo di cui si avvale la ragione per legare tra loro tutti gli elementi di un ragionamento attraverso la consequenzialità logica. La logica si muove nel tentativo di organizzare il pensiero attraverso la capacità di riconoscere le eventuali contraddizioni contenute in esso. Il principio di non contraddizione non è l'unico aspetto, benché essenziale, di cui dispone la logica. Quest'ultima utilizza l'analogia quando sa riconoscere i legami che uniscono tutti gli elementi considerati nel loro rapporto con altre realtà, simili perché obbedienti alle stesse leggi che ne regolano lo sviluppo consequenziale. Il grande obbedisce alle stesse leggi che regolano il piccolo perché è composto da piccoli. È attraverso la consequenzialità esistente tra le cause e i loro effetti che la logica dipana il proprio analizzare in funzione della necessità di arrivare a una sintesi, necessaria correlazione che ha ogni analisi per ricondurre il tutto all'unità dalla quale analisi e sintesi hanno avuto origine. Per far questo la logica si avvale di una chiave interpretativa che corrisponde a uno degli indefiniti punti che si trovano sulla circonferenza dell'esistenza, in relazione al centro sintetico al quale si deve giungere. Centro che è origine e finalità di quella stessa circonferenza. Quando la ragione ha carattere universale acquista prerogative definibili come sovra-razionali, perché la ragione individuale è circoscritta dai limiti propri alla consapevolezza e all'intelligenza individuale, mentre l'Intelligenza di ordine universale non ha recinti diversi da quelli della verità, conosciuta non attraverso la mente, ma a causa della capacità di intuizione immediata e diretta data dalla vista interiore, universale anch'essa e dono stabile concesso dall'Assoluto, a causa delle qualificazioni spirituali di cui l'individuo dispone. Mentre un individuo che ragiona usa la mente e il pensiero, per deduzione o induzione, un altro individuo che intuisce intellettualmente "vede" la realtà attraverso i princìpi che ne regolano lo svolgimento, e non ipotizza né può più inventarsi nulla. Coloro che sono iniziati ai misteri dello spirito vedono tutti la stessa e unica verità dei princìpi e non devono più interpretare, ma non possono comunicare che la superficie di ciò che vedono, perché l'essenza, che è centralità, è incomunicabile allo stesso modo nel quale il punto è privo di estensione e l'istante di durata. Ciò che è così visto, senza contenere l'ombra del dubbio, può essere tradotto in pensiero attraverso la logica e comunicato ad altri, ma così facendo, e dovendo necessariamente escludere l'Essenza da quel comunicare, si opera un degrado nella discesa all'interno della relatività, nella quale il ragionamento deve essere portato attraverso i limiti di un linguaggio anch'esso relativo, degrado che riconduce il frutto della vista perfetta all'imperfezione implicita in ogni esposizione. Essendo la natura universale assoluta essa non può essere esaurita, e questo significa che la vista interiore, pur conoscendo assolutamente i princìpi universali attraverso la stessa natura assoluta del Mistero assoluto, non può esaurirlo.

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