mercoledì 30 maggio 2012

Sull'esistenza del tempo


Occorrerebbe essere d’accordo sul significato da attribuire al verbo “esistere”, prima di poter dire se una realtà apparente esiste oppure no. Nel caso del tempo l’esistenza, che è sinonimo di durata, è connessa all’estensione dalla quale è misurata. Negare la sussistenza della durata implicherebbe l’immobilità dell’estensione, e qui la cosa comincerebbe ad avere connotazioni meno discutibili. L’orologio è soltanto un marchingegno esteso sul quale sono inseriti i segni convenzionalmente riferiti allo scorrere del tempo. Se l’orologio esiste anche il tempo esiste, e viceversa. L’errore che si commette in questo genere di considerazioni è dato dal ritenere l’esistenza un evento a valenza positiva, quando essa è anche l’insieme dei limiti dai quali è caratterizzata. Essere equivale ad avere contorni e il contorno è l’espressione di un limite. L’eterno presente quale appare essere il tempo, quando visto senza gli occhiali dell’illusione, è un fatto indiscutibilmente privo dei limiti esistenziali, dunque, a rigore, non solo non “esiste”, ma è oltre la stessa esistenza. I princìpi universali che legiferano, essendone il modulo, l’esistenza, sono al di fuori della stessa e non sottomessi alla durata temporale e, anzi, la motivano. Il principio del moto, che è incessante cambiamento, non può muoversi né cambiare a propria volta, pena l’arresto della vita.

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