lunedì 6 giugno 2011

Oggettività e soggettività


Oggettivo e soggettivo sono due facce della stessa medaglia che, quando appuntata sul petto della coscienza... punge.
Ogni aspetto della realtà relativa assume una valenza specifica in dipendenza del punto di vista dal quale lo si considera. Punto di vista che, a propria volta, potrà essere diretto a una visione degli aspetti generali oppure particolari della realtà osservata. Ciò che è da considerarsi soggettivo può trasformare la propria validità in oggettiva quando quella soggettività è condivisa da tutti, ma dire tutti è uno stare su di un piano quantitativo che non modifica la qualità della cosa osservata la quale, in sé, si disinteressa dei giudizi che non ne cambiano la natura. Dunque l'oggettività di una realtà non può essere affidata alla semplice condivisione operata da una totalità di individui, i quali possono interpretare attraverso l'abito morale col quale hanno abbigliato i princìpi che non conoscono nella loro intrinseca nudità che morale non è, essendo questa determinata dall'intrusione, nei principi universali, del sentimentalismo emotivo, individuale o collettivo. Quello che si può dire è che nel loro potersi scambiare di posto la soggettività e l'oggettività non danno mai certezze di fissità. Bene e male si scambiano quel posto scomodo troppo spesso per meritarsi un nome che le possa qualificare per l'eternità che non potranno conoscere fino a quando saranno oggetto e soggetto di una divisione. È certo, però, che la Certezza conoscitiva, attorno a una realtà considerata, la si ottiene soltanto quando c'è totale identificazione tra chi conosce e chi è conosciuto - questo dal punto di vista di chi conosce - mentre si tratta di assimilazione quando il punto di vista è quello della realtà conosciuta, la quale assimila a sé il conoscente. La realtà tutta procede da un Centro senza estensione né durata, e a questo stesso Centro ritornerà, nel processo ciclico di manifestazione di sé che chiamiamo esistenza. La realtà divide se stessa in bene e male, ma sempre in modo illusorio e non definitivo nel percorso che, da un allontanamento dalla perfezione primigenia, centrale e assoluta, la condurrà alla maturazione delle proprie possibilità di essere, che le daranno modo di ricongiungersi al Centro atemporale dal quale ogni inizio è un riflesso dell'unità che tutto comprende in potenza. Unità non duale nella quale potenza e atto costituiscono una sola Realtà che si esprime perché può. Centro che non ha mai abbandonato a se stessa la realtà delle relazioni in perenne movimento tra loro. In questo Centro male e bene non hanno più ragione d'essere. Questo Centro è in noi e, allo stesso modo questo Centro ci contiene, secondo il punto di vista nel quale sarà considerato. Un punto di vista cessa di essere unilaterale quando coincide con la centralità che tutto osserva e valuta per ciò che la realtà valutata è. In questo caso, e solo in questo, la visuale ottenuta non è più un punto di vista, ma è pura consapevolezza della Verità senza tempo.

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