lunedì 13 giugno 2011

L'ultima Centrale



Era l'ultima centrale nucleare rimasta attiva sul pianeta, ultima determinata volontà a ricordare quanto fosse conveniente poter disporre ancora di una fonte, quasi perenne, di sostentamento energetico. 
La necessità di approvvigionare di corrente il grande schermo divulgatore, posto al centro della piazza della rivoluzione industriale, aveva trionfato sulle ormai esigue proteste di chi aveva ritenuto doveroso l'affidamento della propria sofferenza ai capricci di una natura perfida e insidiosa. 
Il gigantesco spettacolo elettronico relegava albe e tramonti al ruolo di tiepidi sfondi, inadeguati a celebrare la grandiosità del genio umano che esibiva i propri successi, facendoli scorrere all'interno di una cornice archeometrica, composta di leghe di alluminuri intermetallici di titanio che ne esaltavano la veridicità. 
Una voce dal tono imperioso, morbidamente modulata sulle aspettative di un futuro radioso, che si sarebbe scolpito da sé, descriveva con enfasi religiosa gli obiettivi già raggiunti, accarezzando il piacere dell'essere riusciti a snaturare la paura dell'ignoto che aveva attanagliato i selvaggi di un tempo dimenticato che avevano tremato, guardando stelle mai state così vicine a quel tremore. 
Era stato deciso di non soffocare il brusio delle sfere celesti rinunciando a decibel trionfanti, prodotti da enormi amplificatori da far confluire in casse armoniche, esose in termini di approvvigionamento energetico, per lasciare al cielo la possibilità di scusarsi, attraverso i suoi lampi assordanti, di aver ostacolato il raggiungimento della perfezione di una specie, quella umana, dalla quale era già stato perdonato. 
Anche la ciclicità degli eventi commemorati era stata prefigurata con cura, in modo che non si notasse il momento di congiunzione del loop ripetitivo nel quale gli eventi scorrevano davanti all'orizzonte stupito. 
Nulla era stato lasciato al caso, nella certezza che ci sarebbe stato un probabile futuro in cui esseri alieni avrebbero goduto, gioendo con le nostre ombre impresse sulle rocce fuse, nel ricordo di un umanità che non avrebbero mai incontrato.

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