domenica 8 agosto 2010

La matrice del Fato


Che non si nasca da zero gli pareva un'ovvietà, e non avrebbe potuto pensarla diversamente dopo aver vissuto un'esistenza che ricordava il concerto di un violino stridulo, al quale mancavano metà delle corde. Gli eventi che avevano spostato gli obiettivi che rincorreva avevano tutti lo stesso accordo: il no.
Era nato in corsa, sobbalzando nella pancia di sua madre, mentre lei correva al pronto soccorso rilasciando una scia d'acqua dietro di sé.
Un forcibe gli afferrò la testolina ancora molle, trascinandolo fuori dalle contrazioni per sbatterlo in mezzo al mondo. Nella sua vita si impresse la feroce piega di un destino che ricordava quello di una mosca, atterrata sul piatto girevole di un vecchio grammofono che, dopo averle spezzato le ali, le regalava l'opportunità di dover schivare il chiodo saltellante di una puntina nevrotica che correva.
A scuola arrivava sempre in ritardo, correndo come un ladro per riuscire a copiare i compiti da qualche caritatevole compagno.
Ormai, per lui, correre era la consuetudine e questa inclinazione lo avvantaggiò, sia nel lancio di bottiglie molotov, che nella fuga subito dopo.
Non gli sembrò nemmeno sconveniente, finita la scuola, rifiutare il lavoro per raccogliere i frutti dell'urgenza di un vivere che non mette a fuoco la vita, così si specializzò nel borseggio con destrezza.
Sfilare portafogli, defilarsi e poi fuggire, non lasciava spazio alla riflessione anche se, a volte, pure il riflettere gli consigliava di correre.
Corse il cellulare che lo portò in prigione, e pure l'ambulanza che da quel carcere lo condusse al neurodeliri, dove pillole rosa non riuscirono a tenere seduta la sua ansia.
Oggi c'è stato il suo funerale, seguito da pochi amici in libertà condizionata o in permesso speciale. È stato l'unico momento calmo della sua non vita, almeno fino a quando un pietoso insetto non convinse il cavallo a rispettare il Fato che, fino a quel momento, aveva guidato il feretro che ora lui stava accompagnando all'ultima dimora. Un nitrito incontenibile si alzò al cielo, e fu preludio dell'ultima cavalcata che, di corsa, passò oltre a un cimitero esterrefatto e invidioso. Nessuno ebbe dubbi che la sua anima sarebbe entrata, nei gironi infernali, trafelata e speranzosa di non doversi fermare lì.

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