sabato 6 settembre 2008

Contraddizioni implicite e nascoste

Contraddizioni implicite e nascoste

È consuetudine affermare che è più importante condividere il proprio sapere piuttosto che avere ragione oppure, ed è un altro errore analogo al primo, dire che colui il quale pensa di avere ragione sia uno stupido.
Le considerazioni che seguono sono volte a confutare questi due punti di vista limitati e contraddittori.
La realtà relativa che noi tutti, più o meno, conosciamo perché ci siamo, a differenti gradi di profondità o di elevazione, immersi, si esprime attraverso il confronto dei suoi elementi e, di conseguenza, ogni dialettica che consideri questi elementi deve confrontarli a sua volta tra loro, nel particolare o nel generale, dall’individuale all’universale, allo scopo d'individuare concordanze o contraddizioni. Risulta chiaro che il confronto è quindi indispensabile alla comprensione della vita, e che colui che lo rifiuta non è interessato a questa comprensione. Questo però non significa affatto che sia uno stupido. Nella grande maggioranza dei casi lo è, ma non sempre, perché c'è la possibilità che già la possieda nella sua perfezione relativa questa Conoscenza che, per i più, è un mistero. La realtà relativa è sempre in movimento e quelle che paiono complete certezze oggi, si mostreranno essere incomplete domani, perché la relazione mutevole in cui si trovano le realtà mutevoli cambia di continuo e varia al variare dei punti di vista dai quali le si osserva. Se diciamo che lo zucchero è dolce lo possiamo fare perché c'è qualcos'altro amaro che ci dà la misura di questo dolce. Allo stesso modo noi conosciamo la luce per il buio che ce la descrive. È proprio questo confrontare continuo e obbligatorio che rivela la contraddizione di cui ho detto all'inizio, e questo perché quando si considera il relativo, nella sua realtà globale, lo si deve fare nel suo rapporto con ciò che relativo non è. È proprio questo che gli conferisce realtà o che gliela toglie, secondo la prospettiva dalla quale si osserva questa dialettica dinamica. Realtà che, quando considerata dal punto di vista del manifestato relativo, è solida e vera nel suo mutamento, mentre quando valutata attraverso il "Non relativo" essa perde consistenza proprio a ragione del suo mutevole cambiamento che la rende limitata e impermanente.
Se non si vuole considerare il "Non relativo" ci si pone nella condizione di chi crede di poter conoscere il dolce senza sapere dell'amaro, e questo è contraddittorio per chi attribuisce intelligenza al confrontare. In più esiste una gerarchia, e temporale e logica, che ordina il reale rispetto alla sua Causa. È la stessa legge che, anche nel relativo, impone la stessa gerarchia tra ogni causa ed il suo effetto. In altre parole significa che la causa viene prima del suo effetto, in senso temporale, e in quello logico, per il fatto che lo determina, questo effetto. L'Assoluto e "Non relativo" è causa del relativo e lo comprende quindi, dal più alto punto di vista possibile, quello centrale, non è veramente in opposizione col relativo perché lo contiene ma, nel contempo, è necessario a spiegare il relativo. La legge immobile che obbliga il tutto al movimento continuo e che, a sua volta, non può muoversi né cambiare ne è un esempio chiaro: l'asse attorno al quale ruota l'esistenza, il punto unico centrale che irradia l'indefinita miriade di punti della circonferenza sono entrambi simboli, anche nella realtà relativa causata dal Principio che relativo non è e che, a Sua volta, ordina la manifestazione che, in una piccolissima sua parte, noi conosciamo (si fa per dire).
Da tutto questo si dovrebbe anche dedurre che ci sia la possibilità di un essere che conosce il vero, se non ancora nella sua totalità di relazioni, almeno nei suoi principi universalmente veri e che, per questo, non è tenuto a confrontarsi con chi il vero conosce parzialmente solo nel suo cambiamento continuo. Chi se la sente d'immaginare, per esempio, il Cristo in una qualsiasi sorta di polemica?
Come ultima considerazione è necessario dire che il "Non duale e non relativo", nella Sua Essenza, è incomunicabile proprio perché nessuna consequenzialità lo può contenere, e quindi solo la parabola e l'esempio possono dare un'idea dei Principi universali che legiferano, a causa Sua, l'esistenza, mentre per l'insondabile Mistero dell'Assoluto niente lo esprime meglio di questo detto Sufi: Il Mistero è come l'infinità interna della certezza, la quale non può esaurirlo.


Queste considerazioni sono rivolte a tutti, indistintamente, quelli che sono interessati a rifletterci sopra. Nel suo inciampare nelle difficoltà che questo ordine di cose semina ovunque, lo scritto già contiene un esempio di principio universale, ed è quando dice che la legge che obbliga il relativo all'incessante cambiamento è fissa e non sottomessa al continuo mutare che lei stessa impone, così come, per spiegarmi meglio, anche nel relativo ogni causa non è modificata dai suoi effetti, non potendo il fuoco incenerire il calore che lo genera. Questa legge quindi costituisce uno dei Principi universali che regolano l'esistente e, per questo è al di fuori e, come dire, al di sopra della manifestazione e non vi partecipa direttamente. Per questo lo si dice universale. Anche ciò che noi chiamiamo Dio, per la stessa ragione, non partecipa direttamente alla Sua creazione, pur contenendola. In più, l'aspetto affermato e quindi personale di Dio, costituendo la Prima affermazione dell'Unico, proprio per questo è anche la prima determinazione e, come tale, non può mantenere l'Assolutezza, la quale non può essere "affermata" per via della Sua indeterminazione e dell'obbligo che l'Assoluto ha di essere considerabile solo attraverso una negazione la quale, nella dimensione relativa che è essa stessa negazione rispetto all'Assoluto, diviene la migliore affermazione possibile, essendo la negazione di una negazione.
Dio "è" in realtà, più che essere. Per questa ragione chiedersi se Dio esiste è, da questo punto di vista Centrale, una contraddizione in termini. Questo poi, che ho appena chiamato "punto di vista", in realtà non è un punto di vista, ma è "il punto di vista" perché centrale, della realtà, che non ha un opponente dalla parte opposta, come hanno tutte le diverse visuali che stanno sulla superficie della sfera analoga al reale, perché si trova nel Centro di questa simbolica sfera.
Se qualcuno fosse sfiorato dall’idea che ciò che ho appena scritto sia farina del mio sacco, lo devo disilludere, perché nemmeno una parola è mia di questa conoscenza, la quale non è individuale, ma universale e quindi sovra-individuale. Io sono solo un imperfetto e scalcinato "espositore" della conoscenza metafisica che è una come l'Assoluto dal quale proviene, e ricordo che solo la contraddizione ai principi universali, la quale rappresenta la pura impossibilità, le è opposta.

P.S: È, a questo punto, opportuna una citazione di un detto Africano che dice: “Quando si parla dell'UNO... diventano molti...”_________________

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